Editoriale del n. 6/2014 de L'Unità europea, di Franco Spoltore
Il vertice europeo del 18-19 dicembre si è concluso, insieme al semestre di presidenza italiano, lasciando irrisolti i problemi cruciali da cui dipende il futuro dell’euro – e quindi dell’Europa. Il Consiglio europeo, com’era prevedibile, ha espresso il proprio appoggio al Piano Juncker – del resto non ci sono alternative ad esso nel quadro attuale; ed ha sostenuto la linea morbida della Commissione europea nel valutare la posizione dei vari paesi per quanto riguarda il rispetto delle regole. Ma l’azione dei governi resta ancorata, come recita il comunicato finale, al coordinamento nelle politiche economiche nazionali; e l’essenziale viene rinviato alla primavera prossima, per quanto riguarda sia l’implementazione del Piano Juncker, sia la presentazione e la discussione del nuovo rapporto dei Quattro Presidenti (della Commissione, della BCE, del Consiglio europeo e dell’Eurogruppo) sulla governance dell’euro. Rapporto che avrebbe dovuto costituire, come segnalato da diversi commenti ed analisi, il sostegno politico ai prossimi interventi della BCE, sulla scia di quanto già accaduto nel 2012 dopo il primo rapporto dei Quattro Presidenti, che aveva fornito la copertura politica alla svolta del “whatever it takes” compiuta dal Presidente della BCE Mario Draghi per salvare l’euro. I nodi da sciogliere restano quindi numerosi, ed apparentemente inestricabili senza nuove iniziative politiche, come mostra anche il primo rapporto presentato dal gruppo guidato dal Presidente Mario Monti sulle possibilità di riformare il sistema di finanziamento del bilancio dell’UE: un vero rompicapo se si resta nel quadro procedurale ed istituzionale attuale. Ma, di fronte alle sfide mondiali, il tempo per sciogliere questi nodi si riduce sempre più.
Nell'ambito della campagna Meet your MEPs promossa dall'UEF e delle iniziative dell'Osservatorio sulla politica europea dell'Italia, venerdì 28 novembre si è teuta a Milano, presso l'Ufficio del Parlamento europeo in Corso Magenta 59, la tavola rotonda sul tema "La road map delle quattro unioni e il ruolo del Parlamento europeo".
FEDERALIST ACTION IN THE PHASE OF DIFFERENTIATED INTEGRATION
A contribution to the debate in view of the UEF – FC, Bruxelles December 13th, 2014 , PC3: UEF STRATEGY & FUTURE OF EUROPE, by Franco Spoltore
- The historical phase we are living through in Europe confirms the federalists’ analysis that the monetary union has not been, is not, and cannot be the final stage in the process of European unification, but is, rather, a turning point, given that its failure would mark the definitive end of this process and usher in a return of nationalism and a crisis of democracy in Europe. The economic and monetary union is thus the framework that can and must be taken as the starting point for the construction of a federal political union in Europe.
Oggi non c’è ancora la volontà di implementare in tempi certi la road map delle quattro unioni per consolidare l’unione monetaria. Né c’è sul tappeto alcun progetto coerente per sciogliere i nodi dell’unione fiscale e del suo controllo democratico – senza i quali, in prospettiva e di fronte alle sfide interne e mondiali, l’eurozona non ha alcuna consistenza e credibilità.
(Reflection paper a cura di Domenico Moro, Membro della direzione nazionale MFE, English version)
Il nuovo Parlamento europeo e la nuova Commissione dovranno porsi come obiettivo prioritario della legislatura la seconda delle unioni previste dal Blueprint della Commissione: quella fiscale. Si tratta del passaggio decisivo verso l’unione politica ed economica, e quindi per la costituzione di un primo nucleo federale. Il programma è stato fatto proprio da Juncker e il Consiglio europeo di ottobre potrà essere l’occasione per compiere un primo passo avanti. Con questo documento i federalisti intendono contribuire al dibattito con una proposta per avviare la nascita di un pilastro fiscale europeo.
Di fronte ai nuovi fuochi di guerra, violenza ed instabilità in diverse regioni del mondo e alla necessità di far ripartire l’Europa, vale la pena ricordare quanto dichiarato dall’ex cancelliere Helmut Kohl alla vigilia delle ultime elezioni europee: “l’Europa unita resta una questione di guerra e pace, con tutto ciò che ne consegue. La pace si garantisce con la libertà, la prosperità e la democrazia”. Kohl aveva in quell’occasione precisato come tutto ciò implichi, per chi fa politica in Europa, coniugare ogni volta la soluzione dei problemi economici e finanziari con la costruzione dell’unione politica. Concetti questi che avrebbe ripetuto il 16 luglio nel suo messaggio di buon compleanno alla Cancelliera in carica, Angela Merkel.
Dall’ultimo vertice europeo emergono tre dati da cui partire per inquadrare l’azione del MFE nei prossimi mesi nell’ambito della Campagna per la federazione europea e delle prossime iniziative JEF-UEF.
All’eurozona serve una “capacità di bilancio aggiuntiva”:
il “meccanismo europeo di solidarietà” è il primo passo
di Domenico Moro
La discussione sull’istituzione di una “capacità di bilancio aggiuntiva” in capo all’eurozona è, di fatto, una discussione sull’attribuzione della competenza di una vera e propria politica di bilancio in capo ad istituzioni europee[1]. È la prima volta, da quando, nel 1977, MacDougall redasse il Rapporto sul ruolo della finanza pubblica nel processo di integrazione europea[2], che l’affiancamento della politica di bilancio alla politica monetaria diventa una possibilità politica concreta. Il percorso non sarà né facile, né breve, ma deve essere questo il grado di consapevolezza con cui i federalisti devono impegnare tutte le loro energie su questo obiettivo. Con lapresente nota si cercherà di vedere in che misura è possibile attivare fin da ora, a trattati invariati, una “capacità di bilancio aggiuntiva” per i paesi dell’eurozona e di quelli che, pur non facendone parte, vorranno parteciparvi [D’ora in avanti: eurozona plus]. Di volta in volta, si evidenzieranno i passi che richiedono, invece, una modifica dei trattati.
2014: PER PROMUOVERE CRESCITA, SVILUPPO OCCUPAZIONE, ANCHE IL GOVERNO RENZI DOVRA' LAVORARE PER LE RIFORME INTERNE E PER COSTRUIRE L'UNIONE FEDERALE A PARTIRE DALL'EUROZONA
Franco Spoltore
Mentre si sta esaurendo il rito del passaggio dal governo Letta al governo Renzi, e agli slogan devono iniziare a sostituirsi i fatti, risulta sempre più chiaro come, già in fase di insediamento e nella scelta della compagine ministeriale, il nuovo governo abbia dovuto prendere rapidamente coscienza del quadro europeo e delle urgenze legate al processo di consolidamento dell'unione monetaria. Volendo riassumere con una battuta, come la Corte costituzionale tedesca ha dovuto ammettere, un paio di settimane fa, di doversi arrestare dove inizia la competenza della Corte europea, così anche chi si è assunto la responsabilità di dare una svolta alla politica italiana ha dovuto riconoscere di non poter agire fuori dal quadro europeo. Solo così si spiega la conferma delle alleanze politiche già in atto - addirittura per l'intera legislatura - e la nomina di certi ministri chiave, per l'economia e gli affari esteri/europei.
I TERMINI DELLA SCELTA PER FARE L’EUROPA FEDERALE
Franco Spoltore
Le azioni federaliste delle prossime settimane e in vista della convenzione per la federazione europea del prossimo 5 aprile a Roma, vedono l’Italia ancora una volta in una situazione di incertezza per quanto riguarda la sua governabilità, la sua l’affidabilità politica e finanziaria, il suo ruolo in Europa.
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