Di fronte ai nuovi fuochi di guerra, violenza ed instabilità in diverse regioni del mondo e alla necessità di far ripartire l’Europa, vale la pena ricordare quanto dichiarato dall’ex cancelliere Helmut Kohl alla vigilia delle ultime elezioni europee: “l’Europa unita resta una questione di guerra e pace, con tutto ciò che ne consegue. La pace si garantisce con la libertà, la prosperità e la democrazia”. Kohl aveva in quell’occasione precisato come tutto ciò implichi, per chi fa politica in Europa, coniugare ogni volta la soluzione dei problemi economici e finanziari con la costruzione dell’unione politica. Concetti questi che avrebbe ripetuto il 16 luglio nel suo messaggio di buon compleanno alla Cancelliera in carica, Angela Merkel.

Bisogna consolidare al più presto l’unione monetaria in un’unione economica, fiscale e politica. Questo è quanto può e deve fare l’Europa per dimostrarsi credibile, dotandosi delle risorse e del potere reali minimi a livello sovranazionale per affrontare le principali sfide da cui dipendono il benessere, la pace ed il progresso dei suoi cittadini, e in diverse regioni del mondo, dal Nord Africa e dal Medio oriente all’Ucraina. Non è più tempo di parole e cataloghi di buone intenzioni.

Che questo sia il fronte strategico su cui si gioca il futuro dell’Europa nei prossimi mesi è sempre più chiaro innanzitutto per chi in questo momento si trova in prima linea nel dover dare delle risposte concrete, come il Presidente della BCE Mario Draghi, il neo-presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ed il Ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble (si vedano in proposito più sotto alcuni commenti ai passaggi salienti delle loro recenti dichiarazioni). Anche altri soggetti della politica europea e nazionale sono consapevoli del problema, ma sono tuttora pericolosamente incerti sul da farsi nell’immediato, come il governo italiano e quello francese. Altri infine, come il Parlamento europeo, devono ancora entrare in gioco.

È in questo quadro che si colloca la prosecuzione della Campagna per la federazione europea: per incalzare i governi, i parlamentari nazionali ed europei e i partiti politici a prendere l’iniziativa sui punti indicati nell’appello/cartolina (tolto il riferimento alle elezioni europee nella precedente versione, il testo resta più che mai attuale).

Per quanto riguarda l’Italia, l’obiettivo è quello di:

-                far giungere al governo, nuovi stock di appelli-cartoline, sia, ove siano già state inviate tutte quelle su cui in queste ultime settimane sono state raccolte le firme, e nel caso non si prevedano azioni per raccoglierne di nuove, una lettera che richiami i punti politici del nostro appello.

L’azione nei confronti della classe politica italiana è particolarmente importante per il ruolo che il nostro paese può giocare a livello europeo. Un ruolo che però dipende dalla capacità di offrire soluzioni al problema di realizzare una capacità fiscale e di bilancio autonomo dell’eurozona, collegata ad un controllo democratico esercitato dal Parlamento europeo attraverso un suo funzionamento differenziato (come lo stesso Parlamento europeo ha incominciato a suggerire nella sua risoluzione del dicembre scorso). L’Italia, dopo decenni di inaffidabilità ed inefficienza, deve dimostrare nei fatti di non voler usare l’argomento della flessibilità semplicemente per negoziare improbabili, ed inaccettabili da parte degli altri paesi e delle istituzioni europee, rimodulazioni ed allentamenti degli obiettivi del bilancio nazionale.

Per quanto riguarda il fronte europeo, bisogna programmare per tempo iniziative di mobilitazione nell’ambito delle action week proposte dalla task force JEF-UEF su:

-                Meet your MEP, inviando lettere, organizzando tavole rotonde con i parlamentari europei delle diverse circoscrizioni, sfruttando le dichiarazioni di impegno sottoscritte e chiedendone di nuove. Su questo fronte molto può essere fatto (Europa Union Deutschland per esempio ha sviluppato una campagna di iscrizioni presso i parlamentari europei tedeschi che ha fruttato ben sessanta adesioni!).

Questa azione è tanto più importante quanto più si considerano le difficoltà che devono tuttora essere superate in seno al Parlamento europeo per sviluppare un’azione di avanguardia e di stimolo per rendere questa legislatura davvero costituente. Basti considerare che al momento è in ancora in forse persino la ripresa del lavoro del Gruppo Spinelli (le riunioni previste nel mese di luglio sono state rinviate).

In attesa di incontrarci presto, augurando a tutti delle vacanze estive che siano ritempranti e di buon auspicio per la programmazione e la ripresa della numerose attività in calendario, un cordiale saluto

 

 

DRAGHI, JUNCKER, SCHAEUBLE E GLI EUROPEI ALLA PROVA DEI FATTI

 

Juncker: ovvero, quel che si può e deve fare subito, a trattati invariati, per stimolare crescita, sviluppo ed occupazione e quel che va fatto oltre i trattati per rendere irreversibile l’unione economica e monetaria.

Nella presentazione del programma della Commissione europea per la sua nomina a Presidente da parte del Parlamento europeo, Jean Claude Juncker ha distinto chiaramente quanto è necessario fare subito, con gli strumenti attuali, per promuovere un piano di investimenti e di sviluppo europei, da quanto è indispensabile fare per rendere l’unione economica e monetaria davvero capace d’agire e di diventare unione. Sul primo punto Juncker ha fatto riferimento a meccanismi di finanziamento e di investimento per rendere disponibili a breve centinaia di miliardi di euro, attraverso un “miglior uso del bilancio dell’Unione e la Banca europea per gli investimenti (BEI). Dobbiamo usare questi fondi pubblici disponibili a livello dell’Unione per stimolare gli investimenti privati nell’economia reale. Abbiamo bisogno di investimenti più intelligenti e di maggiore flessibilità nell’usare questi fondi pubblici. Questo ci consentirebbe di disporre di almeno 300 miliardi di euro in più per investimenti pubblici e privati nei prossimi tre anni… La preparazione di progetti da parte della BEI e della Commissione europea dovrebbe essere intensificata… anche attraverso nuove forme di prestito e di aumento di capitale della stessa BEI”. Significativamente queste proposte ricalcano progetti di rilancio degli investimenti e della crescita a livello europeo già messi a punto da altri centri di ricerca, come quello tedesco (DIW), su incarico del Ministro dell’Economia Sigmar Gabriel, a conferma del fatto che anche la Germania ha bisogno di stimoli europei per sostenere la propria economia (More Money Please: A New Plan to Boost Europe's Straggling Investments, Spiegel Online, 1 luglio 2014). Ma tutto questo non basta, o basta al massimo per ricreare nel breve un clima di fiducia reciproco fra gli Stati e nella ripresa in un quadro europeo. Infatti, per quanto riguarda l’eurozona, Juncker si è impegnato a “continuare la riforma della nostra unione economica e monetaria, per preservare la stabilità della nostra moneta e promuovere la convergenza delle politiche sconomiche, fiscali e del mercato del lavoro tra gli Stati membri che condividono la moneta unica. Intendo farlo sulla base del “Rapporto dei quattro Presidenti” e del “Blueprint for a Deep and Genuine Economic and Monetary Union” della Commissione europea, tenendo sempre presente la dimensione sociale dell’Europa. Stiamo vivendo una pausa nella crisi. Dobbiamo usare questa pausa per consolidare e agire in modo da rendere efficaci le misure senza precedenti che abbiamo avviato durante la crsi, semplificarle e renderle più socialmente legittime. La stabilità della nostra moneta e la solidità delle finanze pubbliche sono per me altrettanto importanti della giustizia sociale nel mettere in atto le necessarie riforme strutturali. Voglio perciò lanciare iniziative legislative e non legislative per approfondire l’unione economica e monetaria durante il primo anno del mio mandato. Queste iniziative riguarderanno un’analisi sulla stabilità della legislazione “six-pack” e “two-pack” (come previsto); proposte per incoraggiare ulteriori riforme strutturali, se necessario attraverso incentivi finanziari e un bilancio autonomo dell’Eurozona; e una proposta per una più efficace rappresentanza esterna della nostra unione economica e monetaria” (Programma presentato da Juncker al Parlamento europeo a Strasburgo il 15 luglio 2014).

 

Draghi: ovvero dei limiti della politica monetaria e della necessità di un governo sovranazionale dell’economia

Nella sua Memorial lecture in onore di Tommaso Padoa Schioppa, il Presidente della BCE Mario Draghi ha posto alla classe politica la questione di come gli europei intendono governare moneta, economia e sviluppo.

Draghi ha posto alle istituzioni nazionali/europee ed ai governi:

a- il problema di uscire dall’ambiguità del dibattito sulla flessibilità (l’Italia sta facendo in proposito molta confusione; in Germania ci sono componenti della classe politica che a loro volta strumentalizzano il dibattito; la Francia non riesce ad avere un ruolo di iniziativa sul terreno del trasferimento della sovranità; la Gran Bretagna è (si è messa) fuori dal processo di approfondimento dell’eurozona ma resta nell’UE – ed è chiaro ai più, anche in Gran Bretagna, che vi è un interesse convergente tra ins e outs alla moneta ad un approfondimento dell’unione dell’eurozona, come mostra un interessante studio del CER, Will the eurozone gang up on Britain?);

b- la necessità di promuovere una politica di sviluppo e per l’occupazione governando riforme e politiche economiche che richiedono un supranational body;

c- la definizione istituzionale a livello europeo, e non bilaterale tra singoli Stati, della partnership (accordi di partneriato, meccanismo di solidarietà o che altro) per crescita e sviluppo).

Il richiamo di Draghi alla questione cruciale della sovranità nell’area euro non lascia poi dubbi sulle responsabilità che la classe politica ed i cittadini devono assumersi:

“…La convinzione che ci siano interessi del popolo che non possono essere salvaguardati dalle sole autorità nazionali, e che richiedono la creazione di istituzioni sovranazionali, è stata una costante motivazione nella vita e nel lavoro di Tommaso Padoa Schioppa….. Alla fine di una mia recente conferenza stampa, ho detto che la crisi non sarebbe stata così acuta se avessimo avuto più, e non meno, integrazione in Europa; e che il nostro futuro dipende da più integrazione e non dalla rinazionalizzazione delle nostre economie…

La sovranità nell’Unione europea non è solo un concetto normativo collegato ai diritti degli Stati. È anche un concetto positivo. Un sovrano che non può soddisfare le aspettative dei suoi cittadini è un sovrano di nome, non de facto. Perché la vera sovranità esiste solo se il potere di fare è effettivo. Questa nozione dell’efficacia dei pubblici poteri è implicita nel principio di sussidiarietà fatto proprio dai Trattati dell’Unione europea – ed è noto come principio federalista negli Stati Uniti d’America. Si tratta del principio ben messo in evidenza da John Locke, secondo cui:

Tutto il potere attribuito con fiducia per raggiungere uno scopo…. ogniqualvolta sia manifestamente negletto… deve tornare nelle mani di chi glielo ha concesso, in modo che lo possa riattribuire al livello al quale la sicurezza e l’incolumità possano essere garantiti”……..

La seconda ragione per la quale un ruolo più forte dell’Unione potrebbe essere benefico, come nel caso delle politiche fiscali, sta nel fatto che stabilire regole a livello dell’Unione può aiutare le autorità nazionali ad implementare le riforme… L’esperienza storica, come quella fatta dal Fondo Monetario Internazionale, dimostra che la disciplina imposta da organi sovranazionali chiarisce il dibattito sulla necessità delle riforme su scala nazionale. In particolare il dibattito può essere indirizzato su come fare le riforme, non se farle” (Memorial lecture in honour of Tommaso Padoa-Schioppa, Speech by Mario Draghi, President of the ECB, London, 9 July 2014).

Come sappiamo, spetterebbe ai partiti politici ed in particolare al Parlamento europeo rispondere con proposte concrete su come inquadrare tutto questo in un processo democratico ed in una prospettiva di controllo democratico sovranazionale: questo è purtroppo quello che ancora manca nel confronto politico.

Il discorso di Draghi è quindi un ulteriore campanello d’allarme, qualora ce ne fosse bisogno, che avvisa i vari attori (governi, ma anche parlamentari) che questa legislatura può e deve essere usata per sciogliere i vari nodi - quello della sovranità inclusa. Pena la non soluzione della crisi, il mancato sviluppo, e l’instabilità politica e sociale (in cui guadagnano spazio gli anti-europei ed i populisti).

 

Schaeuble: dei limiti delle soluzioni intergovernative e della necessità di una riforma dei Trattati in senso democratico europeo

E proprio in quanto i problemi devono comunque essere in qualche modo affrontati e risolti, resta ogni volta sul tappeto il second best istituzionale descritto - ma non auspicato - da Schaeuble nella sua intervista al Financial Times (29 giugno 2014): l’approccio intergovernativo.

“Gli accordi intergovernativi, ha precisato in quell’intervista il ministro Schaeuble, con cui abbiamo solo parzialmente risolto i problemi, sono complicati. Sono sempre soluzioni di secondo grado. Ecco perché il governo tedesco ritiene che sia necessario migliorare la possibilità di perseguire politiche economiche e finanziarie attraverso cambiamenti istituzionali… Il Parlamento europeo ha da parte sua detto che non è giusto che in tutte le decisioni le istituzioni europee non abbiano una voce decisiva… Se vogliamo una crescita sostenibile, combattere la disoccupazione, non possiamo affidarci alla sola politica monetaria… Una moneta comune implica politiche comuni in campo economico e finanziario dei paesi che la condividono… Come sapete è complicato prendere decisioni a livello europeo. Il governo tedesco ha dei piani precisi…. Ma come realizzarli passo dopo passo è complicato… In ogni caso prima riusciamo a fare le riforme necessarie a livello europeo, meglio è… Il governo tedesco è a favore di cambiamenti limitati. Dobbiamo vedere se sarà possibile realizzarli…. La questione è se cambiamenti radicali nelle leggi fondamentali europee – cioè se delle modifiche dei Trattati – sono necessari e possibili. Ci sono degli Stati membri che non sono favorevoli soprattutto per paura delle ripercussioni interne e dell’applicazione delle norme costituzionali nazionali per ratificare i cambiamenti… Si potrebbe aggirare l’ostacolo appunto con dei limitati cambiamenti, per i quali non sarebbero necessarie grandi convenzioni… A suo tempo avevamo proposto di rivedere il Protocollo 14 del Trattato di Lisbona, nel senso di dargli maggiori contenuti per quanto riguarda l’eurozona: oggi questo protocollo è un guscio vuoto… Ma quando si fa politica europea, bisogna sempre ricordarsi che modificare i trattati implica trovare l’unanimità e ottenere la ratifica in tutti gli Stati membri”.

Concetti questi che Schaeuble ha successivamente ribadito nella sua lecture a Berlino il 16 luglio, nell’ambito delle iniziative del Centro italotedesco Villa Vigoni, nel corso della quale ha insistito sul ruolo dell’Italia per promuovere un’iniziativa capace di promuovere la nascita nell’Unione europea di un nucleo duro dell’eurozona, aperto evidentemente a chi volesse entrarvi.

(dalla circolare del Segreterio nazionale, Franco Spoltore, 23-07-2014)

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