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Il 22 novembre, con un voto storico, il Parlamento europeo ha approvato il Rapporto sulle Proposte del Parlamento europeo per la riforma de Trattati (2022/2051(INL)). Questo rapporto propone una revisione istituzionale profonda, capace di rendere l’Unione europea più democratica e capace di agire, e quindi adeguata ad affrontare le sfide politiche e l’allargamento. Questo voto, inoltre, apre formalmente la procedura per la riforma dei Trattati, e sotto questo aspetto chiama in causa i governi e i parlamenti nazionali a schierarsi.

Quaderno federalista n. 2-2023

"Il Parlamento europeo apre la procedure di revisione dei Trattati: il significato del voto e le priorità per l’Europa" di Luca Lionello

 

La presidenza spagnola nella riunione del Consiglio del Consiglio di ieri (18 Dicembre), ha trasmesso il Rapporto e la richiesta del Parlamento europeo al Consiglio Europeo. Ora tocca al presidente Charles Michel mettere questo punto in agenda della riunione del 21-22 marzo, e tocca ai Parlamenti nazionali mobilitarsi e premere sui Governi perché si schierino a sostegno della revisione dei Trattati. Il Consiglio europeo che si è svolto lo scorso 14-15 dicembre è stata una ennesima (e drammatica) dimostrazione dell’impotenza dell’Unione europea governata da un consesso di 27 Stati sovrani che detengono un diritto di veto. Anche di fronte alle scelte esistenziali che l’Unione europea ha il dovere e l’interesse di prendere verso l’Ucraina, l’UE si ritrova sotto ricatto di un governo illiberale come quello di Orban.
Anche per questo, nelle Conclusioni del Consiglio Europeo si ricorda che "in vista della prospettiva di un'Unione ancora più grande, sia i futuri Stati membri che l'UE devono essere pronti al momento dell'adesione. I lavori su entrambi i fronti dovrebbero procedere in parallelo (...) Parallelamente, l'Unione deve gettare le basi e le riforme interne necessarie, definendo le sue ambizioni a lungo termine e i modi per realizzarle, e affrontando le questioni chiave relative alle sue priorità e alle sue politiche, nonché alla sua capacità di agire". Come ha ricordato la Presidente del Parlamento europeo nel suo indirizzo di saluto il 14 dicembre ai Capi di Stato e di Governo "il contributo del Parlamento europeo alle riforme, illustrato in dettaglio nella nostra relazione sulle modifiche dei Trattati, è una buona base per questa riflessione".

L’allargamento verso cui si sta procedendo e la necessità di agire uniti su quelle materie che hanno una dimensione comune dovrebbero mobilitare i Parlamenti nazionali e quindi i Governi ad accettare la sfida di riformare il sistema decisionale e la divisione delle competenze, come propone il Parlamento europeo. Di fatto, il diritto di veto è la punta dell’iceberg di un sistema che si lacera a causa di egoismi nazionali miopi che restano deleteri per il vero interesse generale europeo e di ciascuno Stato membro.

I cittadini si sono già espressi, facendo richieste precise in tal senso attraverso il processo della Conferenza sul futuro dell’Europa. Tutti i sondaggi dimostrano che la maggioranza dei cittadini è a favore di un rafforzamento dell’Europa, e non credono che l’alternativa al malfunzionamento del sistema attuale sia quello dii tornare a chiudersi nei confini del proprio staterello. Soprattutto quando pensano alla difesa e alla politica internazionale. I Governi invece indietreggiano, e i Parlamenti non possono più ignorare la questione. Così si chiude la finestra di opportunità di cambiare questa Europa e di costruire una vera unione politica; si prepara solo un futuro incerto e si resta impreparati e impotenti. Basti pensare che, con le prossime elezioni, gli USA (da cui dipende totalmente la nostra sicurezza) potrebbero scegliere di cambiare radicalmente il rapporto con l’Unione europea.

Saturdays for Europe

Rivedi qui la mobilitazione di ottobre-novembre dei federalisti europei a sostegno del Parlamento europea.

Anche le vicende della riforma del Patto di Stabilità e Crescita dimostrano chiaramente che il problema vero è quello di passare dall’Europa delle regole all’Europa della politica. Le transizioni ecologiche e digitali, l’invecchiamento della popolazione, la necessità di garantire servizi educativi e di welfare di qualità non si affrontano senza ingenti investimenti, e non c’è spazio fiscale concesso né ai Paesi più indebitati come il nostro, né a quelli “più sani” che basti, di fronte alla competizione economica dei giganti mondiali. Servono investimenti pubblici europei per quelli che sono beni pubblici europei, e per questo serve una riforma del bilancio che includa capacità di emettere debito europeo e potere fiscale europeo. Tutto questo può essere affrontato solo se si apre con una Convenzione una riforma dei Trattati che costringa a discutere seriamente del futuro dell’Europa, confrontandosi con i problemi reali della società e non con le paure di perdere potere e controllo dei governi nazionali, spesso in crisi, deboli e fragili.

Anche questo dovrebbe spingere le forze politiche italiane, tutte, di maggioranza e di opposizione a chiedere assieme con forza che il Consiglio Europeo decida subito, nell’incontro del 21-22 marzo, dell’apertura di una Convenzione dei Trattati come richiesto dal Parlamento europeo. Difficilmente l’Europa avrà una seconda possibilità.