Dall’ultimo vertice europeo emergono tre dati da cui partire per inquadrare l’azione del MFE nei prossimi mesi nell’ambito della Campagna per la federazione europea e delle prossime iniziative JEF-UEF.

Il primo è costituito dalla conferma della forza intrinseca nella dinamica della realizzazione delle quattro unioni (bancaria, fiscale, economica e politica) nel processo decisionale europeo. Una dinamica da cui chi vuol salvare l’Euro e l’Europa – ed il proprio paese - non ha potuto, non può e non potrà prescindere; e che, al di là delle difficoltà di implementarla da parte dei vari attori politici, continua a determinare l’agenda e a delimitare il quadro entro il quale prendere le decisioni in campo europeo e nazionale. La nomina del nuovo Presidente della Commissione europea ed il confronto sul rilancio dello sviluppo non sono sfuggiti e non sfuggono a questa questa logica (si veda in proposito anche il significativo passaggio nel comunicato finale del Consiglio sull’interpretazione dell’espressione “ever closer union” in senso sempre più “differenziato” nell’attuale fase dei rapporti con la Gran Bretagna (1)). Per quanto riguarda la nomina di Juncker, al di là delle schermaglie che ci sono state su nomi e procedure e su cui comunque avrà a breve l’ultima parola il Parlamento europeo, essa ha sancito l’isolamento – o l’autoesclusione, poco importa – della Gran Bretagna dai progetti di rafforzamento dell’unione per governare l’euro. Un fenomeno questo innescato dalla crisi e dalle decisioni prese a fine 2011 con il varo del fiscal compact tra 25 paesi (senza appunto la Gran Bretagna e la Repubblica Ceca). Tra rompere con il Parlamento europeo o con la Gran Bretagna, il Consiglio europeo ha scelto di mantenere e approfondire le distanze con quest’ultima. Una scelta di cui innanzitutto la classe dirigente tedesca e la cancelliera Merkel si sono assunte la responsabilità politica, rendendosi conto che sarà con questo Parlamento europeo – forse per un’ultima occasione di rilancio – che le altre istituzioni europee dovranno collaborare in questa legislatura per riformare le istituzioni, come hanno messo in evidenza alcuni lucidi commenti apparsi in proposito (2). Invece, sulla questione del rilancio dello sviluppo e di come coniugarlo con le necessarie riforme in campo nazionale ed europeo, è apparso evidente che la questione non riguarda tanto l’interpretazione o la rinegoziazione dei vari trattati e patti esistenti in materia di stabilità, di tenuta sotto controllo dei bilanci e di crescita, quanto il superamento dell’impasse determinato dalla contrapposizione, tuttora irrisolta, tra paesi più virtuosi che non vogliono finanziare con fondi europei il rilancio delle economie dei paesi meno virtuosi; dalla posizione di questi ultimi che non sono in grado di fornire delle garanzie sull’effettiva volontà di tenere sotto controllo il debito e quindi di non far riesplodere la crisi; e dell’incertezza sia dei primi sia dei secondi sul come trasferire la sovranità necessaria a livello europeo in campo fiscale e di bilancio per rendere credibile qualsiasi piano di sviluppo davvero europeo – a maggior ragione quando si considerano cifre come quelle suggerite dal piano del governo francese per un piano quinquennale europeo basato su investimenti superiori all’ammontare dell’attuale bilancio pluriennale dell’Unione; oppure l’appello congiunto dei ministri Padoan-Schäuble per una Pro-Business, Pro-Growth Agenda for Europe).

Il secondo dato riguarda il ruolo dell’Italia, un paese ben lungi dall’aver risolto i propri problemi interni e le proprie contraddizioni ma che, rispetto a solo qualche mese fa, non è più considerato dagli altri partner solo come un rischio in termini di stabilità economica e politica per sé stesso e per l’Europa, ma anche come un interlocutore politicamente più credibile per contribuire a sciogliere i diversi nodi che impediscono di avanzare sul terreno del consolidamento dell’unione monetaria in una vera unione, di creare un governo democratico dell’euro e di prendere un’iniziativa insieme a Francia e Germania – a livello governativo, parlamentare e nelle istituzioni europee – per andare oltre il Trattato di Lisbona. Si tratta evidentemente di una possibilità, non di una certezza, sia che l'Italia sappia agire positivamente, sia che il MFE riesca ad influenzare l'azione del governo e della classe politica. Ma è una possibilità che apre nuove prospettive, e implica anche nuove responsabilità (sia per l’Italia, sia per il MFE, incluso nell’ambito dell’UEF).

Il terzo dato riguarda la conferma, negli atti oltre che nelle parole di alcuni leader politici, soprattutto dopo le elezioni europee, che il problema all’ordine del giorno della politica europea non è quello di fare scelte che servano solo a gestire più o meno bene l’Europa che c’è già, bensì quello di gestire una fase costituente, in cui sarà indispensabile una forte collaborazione tra le principali forze politiche e le istituzioni. Sarà, di fatto, sempre più necessario agire nel quadro e nello spirito di un governo di coalizione interistituzionale europeo: un governo di unità europea. Un governo cioè in cui le componenti pro-europee delle grandi famiglie europee, i rappresentanti delle istituzioni europee e quelli dei governi che hanno preso coscienza del fatto che il problema urgente da risolvere per uscire dalla crisi e ridare una speranza di progresso agli europei è quello di costruire, entro questa legislatura, un governo democratico dell’euro e dell’economia dell’eurozona, stipulino un accordo di collaborazione per realizzare questo obiettivo. Un accordo de facto, che superi nelle scelte europee concrete di tutti i giorni la linea di divisione tra partiti e tra governi progressistie conservatori.

(dalla circolare della Segreteria nazionale MFE del 27-06-2014)

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Note

1)                  ‘The UK raised some concerns related to the future development of the EU. These concerns will need to be addressed. In this context, the European Council noted that the concept of ever closer union allows for different paths of integration for different countries, allowing those that want to deepen integration to move ahead, while respecting the wish of those who do not want to deepen anyfurther” (par 27 del comunicato).

2)              “….. Before the National Catholic Congress in Regensburg, Ms Merkel was much more explicit and clear: "I will lead all negotiations in the spirit that Jean-Claude Juncker should become president of the European Commission". Why has Merkel specified her position? Because this is the last European Parliament which can help her achieve the more integrated Economic and Monetary Union and to lay the foundations of a euro area parliament. If the trend anti-European parties to increase their force maintains all her ideas to enhance the euro area could fail. A confrontation with the pro-European forces could lead to conflicts and more intergovernmentalism as euinside wrote recently. Some of the ideas that come from Berlin or are well accepted in the German capital are related to turning the eurozone into a "genuine union", potentially with a parliament of its own. From this point of view, it would not be good for Merkel to "lose" the Parliament in a battle which is not important against the backdrop of the future reform of the EU (the eurozone specifically). If she decides to support Cameron's domestic political battle, she will remain in history as the chancellor who laid the foundation of disintegration of the EU - something which will be of a great loss to Germany. The country that benefited the most from the common currency.To Angela Merkel the stabilisation of the eurozone and the prevention of future crises is a much more important task than keeping Britain in the Union, which already is half way out. In this way, she will consolidate support around the deepening of the integration and will force the non-euro countries to decide faster when they will fulfil their accession treaty commitments and those who agreed opt-outs should decide whether to adopt the common currency or to follow Britain to the exit” (http://www.euinside.eu/en/analyses/why-merkel-leans-to-supporting-jean-claude-juncker 31 May 2014).